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Il product placement in un film: significato e casi di successo

Hai mai sentito parlare di product placement? Quante volte ti è capitato di notare un prodotto all’interno di una scena di un film?

Il product placement è una forma di pubblicità che consiste nel posizionamento di prodotti o marchi all’interno di contesti non strettamente pubblicitari come programmi televisivi e radiofonici, film oppure libri, giochi ed eventi, senza però interrompere il filo narrativo o la naturale struttura di questi ultimi. Con lo sviluppo dell’industria cinematografica, la pratica non mira solamente a pubblicizzare un determinato prodotto all’interno della pellicola ma banalmente ha costi inferiori rispetto a forme di pubblicità tradizionali e si caratterizza per una maggiore flessibilità a livello contrattuale. 

Il product placement in un film funziona davvero? Nei prossimi paragrafi scopriremo meglio il suo significato e vedremo alcuni esempi che hanno coinvolto film italiani e internazionali.

Le origini del product placement

L’obiettivo principale del product placement è pubblicizzare un prodotto o un marchio inserendolo all’interno di un film, di una serie tv o di un format televisivo. Molti storici considerano che il primo caso di product placement nella storia del cinema risalga proprio alle sue origini con il Cinématographe inventato da Auguste e Louis Lumière.  Nel 1895, infatti, i due fratelli strinsero un accordo la compagnia Lever Brothers, impresa britannica di detergenti, che portò alla realizzazione del primo tentativo di product placement avvenuto nel maggio 1896 con la proiezione di Washing Day in Switzerland.

Da quel momento in poi, e in particolare negli anni Cinquanta e Ottanta, il product placement è stato sempre più utilizzato come occasione per ridurre i costi di produzione ma soprattutto si è sempre dimostrato una mossa di marketing in grado di trasformarsi in un’importante fonte di finanziamento per il cinema internazionale.

Inoltre, il product placement consente di aumentare la visibilità del prodotto e la brand awareness, raggiungendo un pubblico più ampio e variegato. Questo tipo di pratica fa leva sulle esigenze e i significati associati al prodotto da parte dei consumatori, come per la pubblicità tradizionale, con il vantaggio di essere inserito direttamente nelle scene di una pellicola cinematografica. 

Product placement cinematografico: quante tipologie esistono?

All’interno dell’opera cinematografica si possono distinguere tre modalità di inserimento di prodotti o brand: 

  • Visuale: presentazione del brand in primo o secondo piano in uno o più scene del film, è la tipologia più comune ed efficace;
  • Verbale: è il caso in cui i personaggi del film parlano di un determinato prodotto, in diversi livelli della sequenza narrativa;
  • Integrato: punta a costituire una sceneggiatura in modo da attribuire al prodotto o alla marca un ruolo sostanziale nello sviluppo della storia. Senza dubbio, il caso più emblematico è il film Colazione da Tiffany.

Gli esempi di product placement nel cinema

Abbiamo parlato degli anni Ottanta come un decennio molto fortunato per la pratica del product placement, e proprio in questi anni ci furono due casi molto noti: il primo riguarda il film E.T. l’extraterrestre di Steven Spielberg che, in fase di produzione, decise di contattare la Mars, azienda produttrice delle M&M’s, per stipulare un accordo. La collaborazione non andò in porto e la produzione si rivolse alla Hershey, la più grande compagnia statunitense nella produzione di cioccolato, che accettò investendo nel film 1 milione di dollari. Il ritorno fu quasi immediato e ben visibile con una crescita delle vendite del +65% in soli 3 mesi.

Il secondo caso è Ritorno al futuro (1985), in cui troviamo un notevole esempio di product placement riuscito alla perfezione. Con la regia di Robert Zemeckis, nella pellicola compaiono Nike e Pepsi: il primo fu una scelta casuale poiché le scarpe indossate erano di Michael J. Fox, protagonista della saga, mentre la seconda fu un’operazione studiata in base alle esigenze della produzione. Ancora oggi, i brand coinvolti nella sponsorizzazione del film fanno a gara per ideare gadgets o edizioni limitate degli oggetti iconici della pellicola.

Un altro esempio è il film Cast Away con Tom Hanks, in cui compare spesso il marchio FedEx, azienda specializzata in spedizioni, che si limitò ad aiutare la produzione nella logistica senza un ritorno economico.

Sono diventati iconici alcuni oggetti appartenenti a scene di grandi film: dai Ray-Ban di Tom Cruise in Top Gun alle sneakers Nike Cortez di Tom Hanks in Forrest Gump fino alla comparsa della Coca-Cola in Blade Runner.

Impossibile da non citare Sex and the City, massima articolazione di un product placement corposo e ben riuscito: nella serie compaiono numerosi designer e marchi di moda, da Gucci e Fendi a Vera Wang, Oscar de la Renta e Vivienne Westwood. Tornano spesso anche le scarpe Manolo Blahnik indossate più volte da Carrie Bradshaw. molte scene, a è un marchio che torna Non solo: in molte pellicole, i prodotti sono inseriti nel titolo come Il diavolo veste Prada e L’ultimo Crodino

E in Italia?

Le produzioni cinematografiche italiane non sono paragonabili a quelle statunitensi per risorse disponibili e impatto; ad occuparsene nel nostro Paese sono principalmente agenzie pubblicitarie specializzate.

Dal 2006 assistiamo ad un proliferare di product placement in film italiani, che dimostrano l’efficacia di una buona coordinazione tra produzione e brand: da L’uomo perfetto di Luca Lucini dove si inserisce Coca-Cola Light a pellicole come Manuale d’amore 2, La Grande Bellezza, Saturno contro e Notte prima degli esami.

Il caso più famoso di placement integrato è Benvenuti al Sud, film del 2010 con Claudio Bisio e Alessandro Siani, in cui Poste Italiane è un protagonista perfettamente integrato nella trama dell’opera cinematografica. L’azienda è intervenuta con un grande investimento ed ha usufruito del tax credit esterno.

Quanto costa far apparire un prodotto in un film?

Il prezzo di un posizionamento in una pellicola dipende da numerose variabili: se il prodotto viene citato dal protagonista o semplicemente adoperato in una o più sequenze, o diventi parte integrante della trama.

Non esistono dati ufficiali ma secondo alcune stime il film “Superman: The Man of Steel” ha raccolto 160 milioni di dollari da parte di oltre 100 diversi brand, mentre “Minority Report” avrebbe incassato più di 21 milioni di euro dalle aziende.

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